Cambio Stile
Sarebbero tra 80 e 100 miliardi i capi di abbigliamento prodotti ogni anno nel mondo, secondo lo studio del London Sustainability Exchange. E la tendenza è verso un ulteriore aumento.
Di questa enorme quantità, una parte resta invenduta e diventa subito rifiuto. Un’altra parte rilevante diventa rifiuto nel giro di poco tempo a causa del diffondersi del modello fast fashion, che ha trasformato anche gli abiti in prodotti usa e getta alla stregua di fazzoletti di carta.
Tutti questi abiti diventano una massa enorme di rifiuti tessili da smaltire. Spesso si ricorre all’incenerimento con effetti disastrosi sull’atmosfera.
Per secoli i vestiti sono stati considerati un bene di lusso. Se ne possedevano pochi e si cercava di farli durare tutta la vita per poi tramandarli ad altri. La rivoluzione industriale ha permesso di abbassare i costi e creato maggiore disponibilità, ma in pochi anni si è passati all’iperconsumismo e a vere e proprie dinamiche di spreco.
Oggi i vestiti venduti sono circa il 400% in più di 20 anni fa, e i prezzi continuano a scendere.
Il sistema, innescato dalle catene della moda low cost, si basa sulla proposta di collezioni sempre nuove (anche 2-3 al mese), con modelli spesso copiati dalle grandi firme. Queste ultime, anziché opporsi al gioco, hanno assunto a loro volta lo stesso modello rifornendo in continuazione i propri negozi.
Ovviamente tutto questo ha conseguenze rilevanti sull’ambiente, sui lavoratori e sulla qualità dei prodotti (che in alcuni casi sono un rischio anche per la salute dei consumatori).
Queste conseguenze sono tra i temi che continueremo ad affrontare in questa rubrica. Nel frattempo, se vuoi entrare in azione e fare la tua parte per cambiare la storia… Compila il form qui sotto